
ART. 14 del D. L.vo n. 472/1997, Cass. n. 5979/2014
L’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Caserta e Universitas Mercatorum hanno organizzato il master di secondo livello in materia di Giustizia tributaria italiana ed europea.
Le materie trattate da illustri magistrati, professionisti e docenti universitari, con la coordinazione del Prof. Pasquale Menditto, giudice CTR Napoli, si riferiscono a questioni di particolare importanza in campo processuale e sostanziale del diritto tributario italiano ed europeo.
Pertanto, a titolo puramente sollecitativo, si ritiene opportuno proporre talune riflessioni in merito alla responsabilità che la normativa tributaria addossa al cessionario dell’azienda per i debiti tributari relativi all’azienda ceduta.
Com’è noto, la materia della responsabilità SOLIDALE DEI DEBITI AZIENDALI, in occasione di trasferimenti di aziende o rami di aziende è regolata, a livello di lex generalis, dall’art. 2560 cc e da una serie di lex specialis, quali l’art. 14 del D. L.vo n. 472/1997, in materia tributaria, l’art. 2112 cc riguardo ai crediti dei lavoratori in forza presso la ceduta alla data del trasferimento e l’art. 36 legge n. 392/1978 per ciò che attiene al rapporto di locazione avente ad oggetto i locali in cui è svolta l’attività aziendale.
Nel diritto comune, il cessionario dell’azienda aggiunge la propria responsabilità a quella del cedente per i DEBITI AZIENDALI che scaturiscono dalle SCRITTURE CONTABILI OBBLIGATORIE. Trattasi di una applicazione dell’istituto dell’accollo cumulativo come regolato dall’art. 1273 cc. In altre parole, il secondo comma dell’art. 2560 cc sostanzia un vincolo di fonte legale (e non di tipo contrattuale), stante la nullità di ogni patto contrario tra cedente e cessionario non convalidato dal terzo creditore, con la conseguenza che, per i debiti che scaturiscono dalle scritture contabili obbligatorie, la responsabilità del cessionario si aggiunge a quella del cedente, così da rafforzare la posizione del creditore nella visione di cui all’art. 2740 c.c. . Ma quali sono le scritture contabili obbligatorie? Ad es., nei casi di contabilità semplificate ex art. 66 del DPR n. 917/1986, i registri Iva, oppure le denunce EMens trasmsesse all’Inps, potrebbero essere considerate tali ?? Da ultimo, la sentenza n. 3646/2016 della Suprema Corte ha escluso dalla garanzia di cui all’art. 2112 del cc i debiti del cedente verso l’Inps, aventi titolo nelle contribuzioni dovute dal datore di lavoro all’Ente previdenziale per i lavoratori in forza alla data del trasferimento, applicandosi anche per queste il secondo comma dell’art. 2560 cc. La lex specialis, di cui al citato articolo 2112 cc, si preoccupa solo dei crediti inerenti al rapporto di lavoro in senso stretto (datore di lavoro – lavoratore), rimanendo escluso dalla speciale garanzia creditoria il rapporto contributivo, che vede il datore di lavoro obbligato nei confronti dell’Inps.
Pertanto, il vincolo solidale a carico del cessionario di cui all’art. 2560, comma 2, cc opera solo se le posizioni debitorie del datore di lavoro verso l’Inps risultano dalle scritture contabili obbligatorie !!
Da un excursus giurisprudenziale della Suprema Corte, sembrerebbe emergere che le scritture contabili obbligatorie cui fa riferimento l’art. 2560 cc siano solo quelle sistematiche, capaci di esprimere SALDI A DEBITO O A CREDITO del titolare dell’azienda nei confronti dei terzi. Trattasi, quindi del libro giornale, del libro mastro e bilancio d’esercizio, esclusi i registri iva e le comunicazioni EMens. Infatti, i registri iva sono in grado di esprimere un solo saldo : quello iva a credito oppure a debito nei confronti dell’Amministrazione finanziaria dello Stato.
Ma detta obbligazione tributaria è già tutelata dalla lex specialis di cui all’art. 14 del decreto legislativo n. 472/1997 di cui si dirà a breve, per cui la qualificazione di scrittura contabile obbligatoria, potrebbe rilevare al massimo per quelle annualità non coperte dalla lex specialis, quindi dal comma 1 dell’art. 14 citato, in virtù del principio di ragionevolezza secondo il quale “il più contiene il meno” che dottrina e giurisprudenza ricavano dagli artt. 2 e 3 Cost. .
Concentrando l’attenzione sugli aspetti strettamente tributari, si deve dare atto che il nostro sistema conosce altre norme che potenziano la posizione del creditore “Amministrazione-impositrice” in occasione di passaggi di mano di complessi aziendali o rami di essi.
In primis va ricordato l’art. 15, comma 1, lett. d) del DPR n. 131/1986 (ossia T.U.R., c.d. legge del Registro), in base al quale, nei casi in cui negli stessi locali, la medesima attività economica, prima è svolta da un soggetto, poi da un altro (magari senza soluzione di continuità), si presume che fra i due sia stato stipulato un atto di cessione o di fitto di azienda (art. 3/131). Ci troviamo di fronte ad un’ipotesi di presunzione legale iuris tantum per la quale è ammessa la prova contraria (cfr. comma 2 del citato art. 15); in sostanza, a seguito della combinazione ex artt. 2728 e 2697 comma 2, cc, la prova cade sulla parte processuale convenuta, cioè sul contribuente subentrato nell’azienda altrui. Se questo non è in grado di dimostrare che gestisce l’azienda a titolo di fitto, oppure ad altro titolo, l’accertamento dell’ufficio teso a dimostrare il possesso dell’azienda da parte del subentrato, quindi dei beni che la compongono ex artt. 2555 e 2740 cc., a titolo di cessione d’azienda, acquisisce piena legittimità.
In sostanza, l’Agenzia delle Entrate, titolare di crediti tributari nei confronti del vecchio possessore dell’azienda ceduta, sorti nel corso della gestione dell’azienda medesima e non ancora oggetto di decadenza o prescrizione (quindi giuridicamente in essere alla data del trasferimento), non dovrà fare grandi sforzi per raggiungere i suoi scopi.
La materia in questione è interessata da due istituti civilistici di grande rilevanza in campo tributario: le presunzioni ex art. 2727 e segg. cc e la solidarietà, ex art. 1292 e segg . cc. . Tali istituti pongono la parte creditrice pubblica in una condizione di supremazia rispetto alle parti private, così da evitare, in nuce, ogni tentativo di violazione dell’art. 2740 e segg. cc.
L’art. 14 del D. L.vo n. 472/1997 disciplina in modo dettagliato la responsabilità solidale del cessionario.
Il primo comma dispone la REGOLA secondo la quale nei casi di cessione d’azienda, o altra forma di trasferimento, a seguito della novella introdotta con D. L.vo n. 158/2015, il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda ceduti, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
Ai sensi del terzo e secondo comma di detto art. 14, il cessionario, può chiedere agli Enti creditori la certificazione da cui risultano le posizioni debitorie del cedente e rimane obbligato nei limiti delle relative risultanze. Se gli Enti creditori non rispondono entro 40 giorni dalla richiesta, il cessionario rimane sollevato da ogni corresponsabilità solidale.
Vediamo ora gli effetti del comma 4, dell’art. 14 del D. L.vo n. 472/1997, il quale dispone che la responsabilità del cessionario non è soggetta alle limitazioni previste nei primi tre commi qualora la cessione sia stata attuata in frode dei crediti tributari, ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni.
Se il subentrante acquisisce il possesso dell’azienda senza porre in essere gli atti previsti dalla legge (stipula atto notarile di cessione d’azienda, con indicazione del valore della stessa e dell’avviamento commerciale e registrazione presso l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate), immettendosi nel possesso a seguito della formalizzazione dell’acquisto frazionato dei singoli beni costituenti l’impresa, il cessionario perde TUTTI i BENEFICI e LIMITAZIONI previsti dai primi tre commi dell’art. 14, rendendosi, di conseguenza, responsabile solidale con il cedente di TUTTI i DEBITI tributari relativi all’azienda ceduta in essere alla data del trasferimento. In altre parole se il cessionario, anche per rendere meno oneroso il passaggio di proprietà dell’azienda, consente al cedente il trasferimento dell’azienda attraverso l’emissione di fatture assoggettate ad iva, aventi ad oggetto i singoli beni costituenti l’azienda, senza formalizzare l’atto di cessione ex art. 2556 cc soggetto a imposta di registro, diviene responsabile solidale con il cedente di tutti i debiti tributari in essere alla data della cessione, senza le limitazioni a quelli sorti, contestati o notificati negli ultimi tre anni, senza limitazione al valore dell’azienda ceduta (peraltro non denunciato in un atto avente data certa ex art. 2704 cc) e senza il beneficio della preventiva escussione del cedente.
Si noti come tale fattispecie sia fortemente penalizzante per il contribuente – cessionario.
Egli potrebbe essere chiamato a pagare anche debiti sorti 20 anni prima a carico del cedente, in collegamento all’azienda ceduta, purché oggetto di impedimento decadenziale o interruzione prescrizionale da parte dell’Ente impositore o del Concessionario della riscossione.
In effetti, nei casi di passaggi in nero, opera la presunzione di cui al combinato disposto ex art. 15, comma 1, lett. d) e art. 3 del T.U.R. (legge del Registro), per cui l’onere della prova è invertito, ex artt. 2728 e 2697, comma 2, cc, a carico del contribuente.
L’azione accertativa dell’Agenzia delle entrate decade con il decorso del quinquennio dalla data in cui sono avvenuti gli atti da sottoporre a registrazione (art. 76, comma 1, TUR).
Sembrerebbe che, l’Agenzia delle Entrate nei casi in cui non riesca, nel quinquennio, ad accertare l’avvenuta cessione d’azienda, perda il diritto ad agire nei confronti del cessionario resosi responsabile solidale di tutti i debiti tributari aziendali. Il condizionale è d’obbligo !!! A breve vedremo il perché.
E’ appena il caso di ricordare talune caratteristiche salienti dell’istituto della solidarietà, regolato dagli artt. 1292 e segg. cc, con particolare riguardo alla materia tributaria.
L’art. 1310 del cc dispone che l’atto interruttivo dei termini prescrizionali nei confronti di uno dei coobbligati solidali produce effetto interruttivo anche nei confronti degli altri coobbligati. L’art. 1306, comma secondo, regola l’estensione dei giudicati prodottisi nei confronti di un coobligato, a favore degli altri rimasti inerti nella contestazione processuale, al cui esito si è formato il giudicato stesso. L’art. 1310 del cc si applica alla materia tributaria anche per ciò che attiene alla decadenza. L’estensione di natura giurisprudenziale, sviluppata dalla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, è seguita alle Sentenze della Corte Costituzionale n. 48/1968, n. 139/1968. Da ultimo si veda Cassazione n. 27005/2007.
Dal complesso normativo sulla solidarietà emerge che, impedita la decadenza o interrotta la prescrizione nei confronti dell’obbligato principale, la stessa rimane impedita o interrotta anche nei confronti dei coobbligati ignari, cioè di coloro che non sono stati ancora raggiunti da nessuna notifica di atti impositivi. Fermo il diritto di eccezione e/o di azione spettante a costoro, in occasione della prima notifica che li riguardi personalmente, non possiamo non concludere che l’obbligato solidale rimane sotto la spada di Damocle, finché l’obbligazione non sarà estinta nei confronti degli altri coobbligati tempestivamente raggiunti da regolari notifiche.
Riprendiamo, ora, la domanda testé sospesa : decorso inutilmente il termine decadenziale quinquennale di cui all’art. 76 T.U.R., il creditore (Ente impositore/Concessionario della riscossione) rimane privo della prova dell’avvenuta cessione d’azienda ?? Cioè, non potrà utilizzare tale evento nei confronti del cessionario, rappresentando che da creditore sic et sempliciter è divenuto un creditore solidale, per cui il cessionario ( presunto tale ) è divenuto obbligato solidale ??
Come è noto, ciò che si prescrive è il DIRITTO (art. 2934 cc), non le prove su cui quel diritto si fonda. Il fenomeno su cui può far leva il creditore, per la salvezza dei suoi diritti nascenti dalla solidarietà, è noto nel diritto processuale come “accertamento incidenter tantum” senza effetto di giudicato, oppure come “obiter dictum” . Insomma, si tratta di accertamenti strumentali di fatti che avrebbero dato vita a diritti oramai prescritti, sui quali non può essere chiesto il giudicato all’Autorità giudiziaria ex art. 2909 cc. Ma ciò non toglie che può essere chiesto, alla stessa Autorità Giudiziaria, l’accertamento “STRUMENTALE” degli stessi CON EFFETTO ESCLUSIVAMENTE PROBATORIO (senza valore di giudicato) ai fini dell’ottenimento, da parte del creditore, di prestazioni contenute in ulteriori e diversi diritti ancora in essere, cioè non prescritti all’attualità.
E’ proprio il caso del diritto del creditore nei confronti del “cessionario solidale”, ulteriore rispetto al diritto del medesimo creditore, consistente nell’esazione dell’imposta di registro sulla registrazione dell’atto di cessione d’azienda. Solo quest’ultimo è direttamente correlato alla funzione decadenziale ex art. 76 TUR. Non il primo, consistente nella solidarietà ex art. 14/472.
A mio parere, il diritto del creditore sic et sempliciter e il diritto del creditore solidale, come sopra definiti, hanno consistenza nella medesima prestazione, per cui vi è coincidenza di diritto, con coincidenza del creditore, cioè del soggetto attivo del rapporto obbligatorio. In sostanza, la trasformazione del diritto di credito da “semplice” a solidale, non comporta alcun elemento novativo del diritto, ma solo ampliativo in termini di maggiore garanzia dal lato soggettivo passivo.
Pertanto, fermo il diritto, l’espansione avviene solo dal lato dei soggetti cui il creditore può rivolgersi per la soddisfazione del suo credito (ottenimento della prestazione).
La solidarietà non crea nuovi diritti, ma nuovi rapporti giuridici aventi ad oggetto lo stesso diritto, cioè la stessa prestazione, per cui stante l’assoluta carenza di novazione oggettiva, quindi l’assoluta identità del diritto, con ampliamento dal solo lato soggettivo passivo, appare evidente che il diritto attuale potrà essere perseguito in tutte le forme consentite dall’Ordinamento ai fini della concreta attuazione delle ragioni creditorie ex art. 2740 cc. .
Sicuramente una di queste forme è la solidarietà, attesa l’istituzione ordinamentale delle obbligazioni solidali ex art. 1292 e segg. cc.
La precedente analisi porta alla conclusione che, essendo la solidarietà, uno strumento rafforzativo del diritto, il creditore può agire, con l’ausilio di tutti gli strumenti a sua disposizione, per l’esazione dei suoi diritti, compreso l’istituto della solidarietà, per cui lo stesso potrà essere utilizzato, anche a seguito di accertamenti incidentali, senza valore di giudicato, come mezzi di prova dei propri diritti. Cioè, senza effetto finale ex art. 2909 cc, bensì come elemento di prova di un determinato diritto ex art. 2697 cc., comma primo. In definitiva, l’Ente impositore può chiedere l’accertamento incidentale dell’avvenuta cessione d’azienda, anche oltre il termine di cui all’art. 76 T.U.R., senza poter pretendere il pagamento dell’imposta di registro sull’atto di cessione d’azienda o l’Irpef sulle plusvalenze, compreso l’avviamento commerciale, ex art. 86 TUIR, ma al solo fine di poter escutere anche il cessionario per la realizzazione dei propri crediti tributari, giuridicamente in essere, nei confronti cedente, alla data del trasferimento d’azienda.
Se tutto quanto sopra detto dovesse trovare conferma, quindi rispondere alla più corretta applicazione della normativa in commento, è evidente che IL CESSIONARIO deve prestare MASSIMA ATTENZIONE prima di immettersi nel possesso di un’impresa altrui.
A costui non converrà mai seguire strade “semplificate” . Avrà interesse a porre in essere tutti gli adempimenti previsti dalla legge per la cessione d’azienda, quindi l’atto notarile (art. 2556 cc, nel testo riformulato a seguito della c.d. Legge Mancino n. 310/1993) recante il valore dell’azienda, comprensivo dell’AVVIAMENTO COMMERCIALE, opponibile all’Agenzia delle Entrate ed agli altri Enti impositori, così da ottenere le limitazioni indicate nel primo comma dell’art. 14 del D. L.vo n. 472/1997. Inoltre, prima di recarsi dal notaio per la stipula dell’atto, il cessionario dovrà avere cura di chiedere la certificazione di cui al terzo comma dell’art. 14 sia all’Agenzia delle Entrate che al Comune ove è svolta l’attività d’impresa.
Si tenga conto che le obbligazioni tributarie garantite dall’art. 14 in parola, non sono solo quelle che hanno ad oggetto pretese avanzate dall’Agenzia delle Entrate, ma anche la TARI, ex Tarsu, Imu, Tasi, Imposta di Pubblicità, ecc., riscosse dai Comuni.
Detta certificazione LIMITA ulteriormente la responsabilità del cessionario al debito risultante agli atti dell’Amministrazione finanziaria ed altri Enti preposti all’accertamento dei tributi, ALLA DATA DEL TRASFERIMENTO (comma 2, art. 14).
In tal modo, la responsabilità del cessionario, salvo il beneficio della preventiva escussione del patrimonio del cedente, è determinata nei LIMITI del VALORE dell’azienda ceduta (calcolato secondo i dettami degli artt. 51 e 43, comma 2, del DPR n. 131/1986) e limitata al pagamento delle imposte e sanzioni riferite a violazioni commesse nell’anno (direi quello civile) in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché a quelle già irrogate e contestate, nello stesso arco temporale, anche se riferite a periodi precedenti.
Se il cessionario ha mostrato diligenza nel richiedere l’apposita certificazione di cui al comma 3, la sua responsabilità è ulteriormente limitata a quanto emerge da detta certificazione e se la stessa non viene affatto rilasciata , il cessionario è del tutto liberato.
In merito alla sequenza interpretativa dei primi tre commi dell’art. 14 in esame (primo, terzo e secondo) è intervenuta l’interessantissima sentenza della Corte di Cassazione n. 5979 del 14/03/2014 (Giud. Relatore Stefano Olivieri) la cui lettura ha ispirato queste brevi considerazioni.
Detta sentenza, tenuto conto della poco chiara formulazione letterale della norma ed in particolare, dell’apparente contraddizione tra il primo ed il secondo comma, ai fini dell’interpretazione logico-sistematica, ha fatto anche leva sulla più chiara espressione letterale del comma terzo, dell’art. 19 della legge n. 4/1929, regolante la medesima materia.
Così definita la prima parte di questo lavoro, riterrei opportuno concludere con una domanda ai gentili Lettori : quali i rapporti tra la lex specialis (art. 14) e la lex generalis (art. 2560, comma 2, cc)?
Ad esempio, cosa succede se il cessionario chiede la certificazione e gli uffici non rispondono nei 40 giorni, ma i debiti tributari comunque risultano dalle scritture contabili, o addirittura nel bilancio straordinario di cessione, per cui sono oggetto di espresso accollo da parte del cessionario, in tesi, liberato dalla carenza di risposta degli uffici?