In questo articolo verranno proposte alcune brevi considerazioni sugli effetti processuali e sostanziali connessi alla cancellazione delle società commerciali (ex. art. 2495 C.C. come rivisitato, ai soli fini tributari e previdenziali, dall’art. 28 comma 4 D. L.vo N. 175/2014 e sentenza Cassazione SS. UU N. 15295/2014 di superamento della esegesi processuale recata dalle sentenze Cassaz. SS. UU. N. 6070, 6071 e 6072 del 2013.
Appena lo scorso anno, le tre sentenze delle SS UU della Suprema Corte NN. 6070, 6071 e 6072 sembravano aver posto fine all’antica problematica concernente gli effetti scaturenti dalla cancellazione delle società commerciali, sia di capitali che di persone, dal Registro delle Imprese, sia sul piano delle relazioni giuridiche di diritto sostanziale che processuale.
Invece no. Un mese fa, il Governo Renzi con il decreto sulle semplificazioni ha disposto che ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società (ex art. 2495 cc) HA EFFETTO TRASCORSI CINQUE ANNI dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese.
Con l’introduzione legislativa della “fictio iuris” di cui sopra, la società “sopravvive” alla sua estinzione, per cui le notifiche operate nei suoi confronti, e non necessariamente dei soci, come brillantemente spiegato e voluto dalla triade dell’anno scorso (6070 – 6072/2013), ai soli fini TRIBUTARI E PREVIDENZIALI, compresi gli aspetti della riscossione e del contenzioso, SONO VALIDE ED EFFICACI.
In buona sostanza, stiamo parlando dei rapporti con l’Agenzia Entrate, gli altri enti impositori come i Comuni, Regioni, ecc, con EQUITALIA, INPS, Commissioni Tributarie, Sezioni Lavoro del Tribunale, ecc. .
Dalla lettura del secondo comma del citato 2495 cc, emerge che le notifiche possono essere eseguite nell’ultima sede della società, per cui appare opportuno sensibilizzare i colleghi commercialisti a prestare attenzione alla esatta determinazione della (ULTIMA) sede LEGALE della società, prima di trasmettere la richiesta di cancellazione al Registro delle Imprese.
L’ultimo periodo del citato secondo comma pone il limite max temporale di un anno che ora, sia pure ai soli fini tributari e previdenziali, viene esteso a cinque anni.
In effetti gli elementi che l’ente destinatario deve possedere per poter ricevere una regolare notifica, quindi per essere nella condizione astratta di contestabilità di una notifica irregolarmente eseguita o addirittura da eccepirne l’inesistenza, sono due : la sede sociale e la persona fisica che esplica le funzioni di legale rappresentante. Trattasi, all’evidenza, di elementi tipici ed essenziali di un soggetto esistente.
Vediamo le problematiche connesse alla sede sociale nella quale eseguire la notifica.
E’ noto che per la validità delle notifiche a società commerciali, aventi o meno personalità giuridica, si applica l’art. 145 c.p.c. il cui terzo comma rinvia all’art. 140 o 143, nel caso di irreperibilità del destinatario. L’art. 140 si applica ai casi di irreperibilità relativa, invece per i casi di irreperibilità assoluta, in campo tributario, si applica l’art. 60 comma 1, lett. e) del DPR n. 600/1973, negli altri settori trova applicazione la norma di diritto comune, quindi l’art. 143 cpc (cfr Sent Corte Costituzionale n. 258/2012).
In generale, la notifica a società commerciali potrebbe essere così schematizzata :
- In primo luogo, ex art. 145, co. 1, primo periodo, la notifica si esegue nella sede legale o effettiva mediante consegna della copia dell’atto al L. R. o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede;
- Se non è possibile tale modalità, e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, compresa la sua residenza, domicilio o dimora abituale, ai sensi del co. 1, secondo periodo, dell’art. 145 cit., la notifica va eseguita nei confronti del rappresentante legale ai sensi degli artt. 138, 139 e 141 c. p. c. ;
- Se neppure ciò è possibile, si dà applicazione alla notifica prevista per gli IRREPERIBILI RELATIVI, ex art. 140 c.p.c. nei confronti della società oppure del L. R. se è indicato nell’atto da notificare;
- Se neppure tale modalità è perseguibile, si esegue la notifica ex art. 143 cpc, prevista per gli IRREPERIBILI ASSOLUTI. Come si diceva, per gli atti tributari trova applicazione la lex specialis, quindi la lett. e) comma 1, art. 60 del DPR n. 600/73 e smi.
Quindi, cari colleghi, prima di procedere al “clic” di “COMUNICA” per la richiesta di cancellazione, facciamo attenzione alle possibili conseguenze che potrebbero scaturire dall’indicazione dell’ultima sede legale, come riportata nella certificazione camerale, in un luogo col quale i soci, naturali successori della estinta società di persone o di capitali, non hanno più nessun collegamento.
Inoltre, va data una opportuna considerazione anche all’ultimo legale rappresentante della società. Anche attraverso quest’ultimo si perfeziona la notifica, per cui se costui non vuole più “collaborare” con la società, ora nell’esclusivo interesse dei soci, si aprono strade ad una serie di problematiche che erano state sopite dai principi di diritto enunciati dalla triade del 2013. Così, ad es. il rifiuto di un atto, da parte dell’ultimo L. R. raggiunto dall’ufficiale giudiziario e dall’ufficiale postale, costituisce il momento perfezionativo del processo notificatorio con tutte le conseguenze a carico dei soci.
Inoltre, è noto che la notifica di un provvedimento amministrativo mai consegnato per irreperibilità diviene valida ex art. 140 c.p.c., oppure lett. e) art. 60/600 succitato, e l’obbligazione tributaria, da essa recata, diviene definitiva ed inoppugnabile per decadenza del termine di impugnazione.
La problematica potrebbe essere parzialmente risolta con il rinvio che l’art. 145 fa agli artt. 138, 139 e 141, qualora l’atto sia notificato al legale rappresentante della società ed in esso siano indicate la qualità, residenza, ecc. del notificatario. Sempreché costui continui a svolgere il ruolo dal quale è ormai cessato con la estinzione della società. Più specificamente, l’art. 141 “Notificazione presso il domiciliatario” permette di eseguire la notifica presso il domiciliatario eletto, con i limiti previsti nel comma 4, qualora quest’ultimo dovesse morire, cessare dall’ufficio o trasferirsi fuori sede. Ovviamente la domiciliazione della cessata società deve risultare in modo chiaro nella visura camerale, quindi gli organi cessanti della estinguenda società commerciale devono assicurarsi che la CCIAA abbia dato adeguata pubblicità alla domiciliazione, altrimenti, ai sensi dell’art. 2193 cc, essa è tamquam non esset. Inoltre, essa deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 600/1973 e smi.
Ma, a parte queste ulteriori possibilità notificatorie, il sistema deve funzionare nella sua interezza proprio per assicurare l’effettività dei rapporti giuridici, il diritto alla difesa e l’imparzialità della pubblica amministrazione (artt. 3, 23, 24, 53 e 97 Costituzione).
In buona sostanza ci tocca chiarire bene con i soci del nostro cliente “società estinta” il luogo (fisico e/o informatico) ove possono agevolmente ricevere le notifiche rivolte al sodalizio, sopravvissuto sia pure ai soli fini tributari e previdenziali e la necessità del mantenimento di un organo di rappresentanza che può efficacemente e tempestivamente opporsi agli atti medesimi.
Notifiche che li riguardano direttamente e per l’importo totale delle pretese se trattasi di soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali (soci di snc e soci accomandatari di sas) e nei limiti di quanto percetto, in sede di piano di riparto allegato al bilancio finale di liquidazione, se trattasi di società di capitali, indi con piena personalità giuridica.
E’ opportuno precisare che l’art. 2495 cc, norma fissata dal legislatore per sancire l’estinzione delle società di capitali, è estesa alle società personali per pacifica giurisprudenza della Suprema Corte (ex plurimis sentenze n. 4060/2010 e 6070/2013).
Per le società di persone si tratterebbe di estinzione con effetti solamente dichiarativi e non costitutivi, atteso che anche l’iscrizione di tali società nel registro produce solamente tale più limitato effetto.
A parte tutto, pur attribuendo il solo valore presuntivo di definitiva estinzione della società personale, a seguito di tale atto, si producono una serie di effetti di diritto sostanziale che appaiono maggiormente complicati alla luce dell’istituto della solidarietà’ ex art. 1292 e segg. c.c. che involge i rapporti giuridici tra i soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali e la società.
In campo tributario, si pensi per esempio alla portata estensiva dell’art. 1310 cc concernente anche la decadenza e non solo la prescrizione (Cost. n. 48/1968, Cassaz. ex plurimis n. 27005/2007). Ancora, all’art. 1306, comma 2, riguardante l’estensione dei giudicati, quindi il rapporto giuridico scindibile ex se, in contrapposizione all’istituto di natura squisitamente processual-civilistica, cioè al litisconsorzio necessario ex art. 14, comma 1, D. L.vo n. 546/1992.
Tali questioni di interesse squisitamente tributario vengono particolarmente valorizzate proprio in collegamento ai casi di società personali estinte
Così a titolo esemplificativo, nel caso di società di persone estinte, l’art. 2291 cc trova diretta applicazione, con perdita del beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale ex art. 2304 cc. Infatti di nessun patrimonio (sociale) si potrà parlare se il soggetto titolare non esiste più !! Addirittura per le attività riscossive, rivolte nei confronti dei soci, trova diretta applicazione l’art. 477 del c.p.c. (ex plurimis Cassaz. SS. UU. 4060/2010, 6070/2013, 18923/2013). Voglio dire che la carenza di effettiva conoscenza di un atto legalmente notificato alla società, non esime il socio dalla posizione di effettivo debitore, per cui è oltremodo opportuno conoscere in tempo gli atti e proporre opposizione nel rispetto dei termini decadenziali. Ovviamente, è salvo il diritto di difesa dei soci contro gli atti successivi alla notifica degli avvisi di accertamento non opposti dalla società, in base al cinquantennale principio di derivazione giurisprudenziale secondo cui, in campo tributario, il citato art. 1310 c.c. comporta il “doppio impedimento decadenziale” sia a favore dell’Erario che dei coobbligati non notificatari in prima battuta. Cioè, da un lato, è impedita la decadenza degli atti impositivi nei confronti dei coobbligati che non hanno ricevuto la notifica, tempestivamente e ritualmente eseguita nei confronti del solo obbligato principale o di taluno dei coobbligati, dall’altro, rimane impedita la decadenza del termine di 60 giorni, ex art. 21, primo comma, D. L.vo n. 546/1992, per la proposizione del ricorso da parte dei soci che, per la prima volta, hanno avuto legale conoscenza di un atto impositivo (cfr art. 19, terzo comma D. L.vo n. 546/1992 anche in collegamento agli artt. 615 e 617 c.p.c.).
Si noti come, per consolidata giurisprudenza nomofilattica, la forza applicativa dell’art. 2291 cc in tema di soggettività passiva del socio, nel caso di cancellazione della società personale dal registro imprese, supera anche l’obbligo della P. A. impositrice, consistente nel puntuale rispetto della sequenza provvedimentale dell’iter burocratico inerente gli atti amministrativi e riscossivi tributari, come brillantemente ed esaurientemente spiegato dalla sentenza della Suprema Corte SS. UU. N. 16412/2007, oggi spesso richiamata dagli atti giurisdizionali tributari (Cfr diretta applicazione art. 477 c.p.c. ex plurimis sent. 18923 dell’08/08/2013, nonché L. n. 241/1990 richiamata dallo statuto del contribuente, L. n. 212/2000).
Inoltre, non vanno affatto sottovalutati gli avvisi di accertamento postumi notificandi alle società di capitali.
Poc’anzi si diceva che i soci rispondono nei limiti di quanto percepito in sede di liquidazione finale della società, per cui, a fronte di un capitale oramai dissolto, non è difficile aspettarsi un maggior accanimento nei confronti dei soci, che pure subentrano iure successionis nel patrimonio sociale, da parte del fisco. Ma a parte questo aspetto, non va sottaciuto che l’accertamento fiscale del maggior reddito nei confronti di una SRL a ristretta base sociale costituisce presunzione qualificata, ex art. 2729, comma 1, c.c., della distribuzione di tale maggior reddito tra i soci secondo le quote di partecipazione al capitale sociale. Da ultimo, infatti, è stato chiarito dagli ermellini di Piazza Cavour che tale presunzione è superabile, ex art. 2697, comma 2, con prova a carico dei soci i quali dimostrano che i maggiori ricavi evasi sono stati reimpiegati, quindi reinvestiti, nel capitale aziendale, per cui nulla rimarrebbe per la distribuzione ai soci di utili in nero.
Per completezza, si precisa che tale avviso non involge l’istituto di diritto sostanziale della solidarietà passiva tributaria di cui si accennava riguardo ai soci delle società personali, né l’istituto processuale del litisconsorzio necessario, ma trattasi solo di una causa di sospensione del processo nei confronti dei soci, ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione della causa nei confronti della società, costituendo il maggior reddito della società l’elemento “esterno” che da senso alla presunzione qualificata di cui sopra. Cioè l’elemento noto a base del ragionamento presuntivo è dato dalla ristretta base sociale, l’elemento ignoto, oggetto di accertamento fiscale nei confronti dei soci, è dato dalla distribuzione degli utili in nero, per la cui determinazione quantitativa occorre necessariamente conoscere l’intero maggior reddito in nero prodotto dal sodalizio.
Per essere più diretto : con la novella “Renzi” sono stati, de facto, soppressi gli aspetti positivi, in campo tributario e previdenziale, della estinzione “immediata” delle società come voluti dalla riforma del diritto societario del 2003, aggravando, peraltro, i contribuenti (ex soci) di ulteriori oneri.
Ritengo che, in ossequio ad i principi recati dagli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, la problematica concernente l’ULTIMA SEDE SOCIALE potrebbe essere risolta con un efficace utilizzo della PEC, successivamente alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese. In questa direzione è auspicabile in intervento da parte delle Amministrazioni Centrali dello Stato.
Quindi, bypassando la sede come luogo fisico, utilizzando la PEC come unico strumento di notifica e obbligando la tenuta della stessa per i cinque anni postumi, parte delle sopra cennate problematiche verrebbero superate.
Ovviamente, trattandosi di novella concernente un’attività sostanzialmente procedimentale (accertamenti fiscali, previdenziali e notifica di atti amministrativi) sembrerebbe che essa possa trovare applicazione anche per gli atti notificandi nei confronti di società già cancellate dal Registro delle Imprese alla data di entrata in vigore dell’art. 28 citato, e comunque nel termine massimo dei cinque anni previsto dalla norma. Ciò in base al principio, secondo cui le norme di diritto sostanziale generalmente si applicano solo per il futuro, invece quelle di natura procedimentale e processuale anche per i rapporti giuridici pendenti e per quelli non ancora estinti (per effetto di definizione, decadenza, prescrizione, ecc. ).
La cosa preoccupa poiché gli uffici potrebbero notificare le proprie pretese presso l’ultima sede della società, luogo oramai abbandonato dai soci. Infatti, fino a qualche mese fa, l’attenzione dei soci si fermava ad un anno dalla cancellazione. Oggi va ben oltre.
Indi, ad esempio, la notifica nel mese di gennaio 2015 di un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2012, nei confronti di una società cancellata dal R.I. nel 2013, nell’ultima sede legale, potrebbe essere caducata per inesistenza della notifica stessa, da parte del giudice tributario, in quanto, alla data di cancellazione, i soci non potevano conoscere la novella di diritto speciale ex art. 28 in oggetto, quindi mantenere un collegamento, sia pure ai soli fini notificatori, che andasse oltre l’anno già previsto dalla norma di diritto comune.
Ma le novità non si fermano qui. Mi riferisco ai riflessi processuali, compresi quelli in materia tributaria e lavoristica, recati dal nuovo arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite in tema di interruzione del processo conseguente alla morte della parte processuale (art. 299 e segg. c.p.c.) ed il connesso meccanismo dell’ultrattività delle procura ad litem.
Veniamo, quindi, alle novità del nuovo arresto giurisprudenziale del 2014.
Con le tre sentenze N. 6070 – 6072 del 2013 era stato chiarito che, avvenuta la cancellazione delle società dalRegistro, le impugnative di sentenze dovevano avvenire da o contro i soci e non più nei confronti della società, non più esistente. Quindi la società, qualora soccombente non poteva proporre impugnativa. Se vittoriosa, la notifica dell’appello presso lo studio del difensore era inesistente, poiché effettuata nei confronti di soggetto inesistente, condizione, peraltro, rilevabile “quasi ictu oculi” dal PUBBLICO Registro delle imprese. In buona sostanza, terminato il grado di giudizio in cui parte processuale era una società medio tempore divenuta inesistente veniva inesorabilmente a cadere la procura al difensore anche se originariamente conferita per tutti i gradi del giudizio (la stabilizzazione processuale operava solo nel grado). La sopravvenuta inesistenza della società interrompeva ogni possibile ultrattività della procura a lite. La differenza con quanto si potesse verificare nei confronti di parti processuali persone fisiche era data dalla circostanza che per le società il pubblico registro delle imprese è aliunde consultabile, per cui era onere di poco conto gravare la controparte di previa verifica camerale prima di intraprendere ogni azione relativa al grado successivo.
Con la sentenza, assunta a SS. UU. dalla Suprema Corte, n. 15295 del 2014, anche questo aspetto sembra essere posto in discussione. Infatti, dai nuovi principi di diritto enunciati e dalle nuove e più ampie aperture svolte dal nuovo arresto sembra che non vi sia più salvezza per i principi di diritto processuali enunciati dalle triade 6070 – 6072 del 2013. Ciò appare anche confermato dalla recentissima sentenza Cassaz. N. 26495 del 17/12/2014. Indi, anche per le estintesocietà commerciali la procura ad litem avrebbe vita ultrattiva. Quasi per simmetria con la novella legislativa recante la “rivivescenza” della società estinta, sia pure ai soli fini tributari e previdenziali.
In conclusione, fermo l’effetto estintivo, il quadro di azione varia sia sotto il profilo sostanziale per effetto della novella ex art. 28 D. L.vo 175/2014 che sotto il profilo strettamente processuale.
Perciò, facciamo attenzione alla vita postuma delle società commerciali, evitiamo anche che i nostri studi diventino cimiteri di società estinte, per le quali nessun cliente sarà disposto a pagare parcelle per la “tenuta” della sede legale e/o domiciliazione ex art. 141 cpc, nonché attenta consultazione della PEC.