
ESECUZIONE SENTENZE DEL GIUDICE DEL LAVORO DI CONDANNA AL MIUR. CONFRONTO CON IL SETTORE PRIVATO ED EFFETTI TRIBUTARI. OBBLIGHI DEI FUNZIONARI DEL MIUR E DEL MEF E RESPONSABILITÀ PER DANNI ERARIALI.
Com’è noto, la Ragioneria dello Stato, nelle sue varie articolazioni centrali e territoriali svolge un’attività di controllo sugli atti che comportano spese a carico del bilancio dello Stato.
A livello provinciale, il controllo è svolto dalle Ragionerie territoriali dello Stato. Pertanto, esse sono chiamate ad esprimere il proprio parere anche in merito agli atti amministrativi di esecuzione delle sentenze con cui il Giudice del Lavoro condanna la Pubblica Amministrazione scolastica al pagamento di retribuzioni arretrate, per effetto dell’immissione in ruolo in anni scolastici pregressi rispetto a quelli di originario riconoscimento da parte degli Uffici scolastici regionali e provinciali competenti territorialmente.
Trattasi di materia che interessa sia i Commercialisti, in funzione di Consulenti del Lavoro, gli Avvocati lavoristi, sia i funzionari amministrativi del MIUR, nonché i funzionari del MEF, in servizio presso le RTS, nella funzione del controllo degli atti amministrativi recanti spese pubbliche, ai sensi del D. L.vo n. 123/2011.
Il ruolo centrale, nell’ambito della Pubblica Amministrazione, è sicuramente svolto dai funzionari dei menzionati Uffici scolastici (ex Provveditorati agli Studi), in quanto redigenti le delibere di applicazione, indi di esecuzione, delle sentenze di cui trattasi.
La materia vede rilevanti interconnessioni con le problematiche del mondo imprenditoriale privato, sebbene qui spesso ci troviamo di fronte a sentenze di reintegra del lavoratore ex art. 18 L. n. 300/1970 e smi, invece nella P. A. scolastica, spesso trattasi di riconoscimenti giuridici ed economici di inquadramenti con effetto ex tunc.
In comune, sicuramente vi è la problematica connessa alla qualificazione giuridica delle retribuzioni spettanti per il periodo oggetto della causa, quindi della loro qualificazione come danno patrimoniale, nelle sue componenti di danno emergente o lucro cessante, e di eventuali danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c. , della valutazione dell’aliunde perceptum e percepiendum e, non da ultimo, del trattamento tributario che deve essere applicato sulle somme riconosciute dall’Autorità giudiziaria.
In primis, si deve rappresentare che le “differenze retributive” in generale, quindi le spettanze maturate nel periodo di illegittimo allontanamento dal posto di lavoro o di ritardata assunzione in servizio, costituiscono il RISARCIMENTO del DANNO PATRIMONIALE subito dal lavoratore, al netto dell’aliunde perceptum o percepiendum. In effetti, il giudice determina il risarcimento del danno patrimoniale partendo dalle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito nel periodo considerato, anche sulla base di quanto rappresentato da parte della difesa attorea, e sottraendo quanto il lavoratore ha già percepito o avrebbe potuto agevolmente percepire nello stesso periodo, utilizzando l’ordinaria diligenza a sua volta ponderata con il livello di professionalità posseduta.
In effetti, la Suprema Corte, nel precisare che l’oggetto del risarcimento, quindi il danno patrimoniale, consiste proprio nelle retribuzioni illegittimamente non percepite, indi nel mancato guadagno, ha conseguentemente evidenziato che l’aliunde perceptum, quindi il percepito, non costituisce eccezione processuale in senso proprio, per cui non necessariamente deve essere eccepito dalla difesa della parte convenuta, ai fini della sua sottrazione dall’importo lordo. In effetti, il Giudice, se dagli atti processuali ha conoscenza di importi comunque percepiti dal lavoratore, deve defalcarli in quanto suo compito è proprio quello di determinare l’importo del danno risarcitorio per lucro cessante.
Ciò, ovviamente non deve esimere la parte datoriale, e particolarmente le Amministrazioni pubbliche convenute, da una attenta difesa con acquisizione al fascicolo processuale di tutti i redditi comunque conseguiti dal lavoratore, con informazioni presso le RTS per i pagamenti effettuati dal settore pubblico, nonché attraverso interrogazioni presso il sistema dell’Anagrafe Tributaria dell’Agenzia delle Entrate che tramite le dichiarazioni dei sostituti d’imposta è a conoscenza di una serie di dati reddituali, presso l’Inps per le erogazioni di indennità ASPI, malattia, nei confronti delle D.T.L. per l’acquisizione dei redditi conseguiti in nero, e noti alle Direzioni del Lavoro a seguito dell’attività ispettiva dalle stesse svolta per combattere il fenomeno del lavoro nero. Infine, valide informazioni potrebbero essere acquisite presso il Sistema implementato dal Ministero del Lavoro per la trasmissione delle assunzioni tramite UNILAV, rivolgendosi ai Centri per l’Impiego, oggi di competenza provinciale.
Ciò in quanto, l’importo del risarcimento del danno, fissato dal giudice in sentenza, diviene actio iudicati ex art. 2909 c.c., quindi diritto quesito irretrattabile, una volta che la sentenza, non è stata impugnata nei termini di legge. In altre parole, l’importo del danno patrimoniale fissato dal giudice non potrà essere più ridotto per nessuna ragione, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna. In buona sostanza, qualora una superficiale difesa della parte pubblica non dovesse far constare al giudice neppure gli stipendi che il personale ricorrente ha percepito nel periodo di osservazione, a seguito di contratti a tempo determinato con l’Amministrazione scolastica medesima e già noti anche al sistema delle Ragionerie dello Stato, la “duplicazione di corresponsione stipendiale” rimarrebbe definitivamente acquisita al patrimonio del ricorrente per effetto del principio generale della certezza del diritto del nostro Ordinamento giuridico, ritraibile anche dal citato art. 2909 c.c..
Pertanto, si ritiene opportuno precisare che una scarsa difesa della parte pubblica, dovuta all’inerzia nell’acquisizione dei suddetti elementi reddituali al fascicolo processuale, può comportare, a carico del funzionario inerte, la condanna, da parte della Corte dei Conti, per responsabilità erariale, anche su segnalazione della competente Ragioneria, in sede di controllo sugli atti di applicazione delle sentenze.
Si noti come l’obbligo principale ricada sull’Amministrazione attiva, quindi sui funzionari del Miur, invece, l’obbligo di denuncia alla Corte dei Conti, sull’Amministrazione di Controllo, quindi sui funzionari delle RTS, la cui carenza è comunque sanzionata dalla medesima Corte, come culpa in vigilando.
Veniamo alle causali giuridiche e patrimoniali che una sentenza potrebbe attribuire al docente immesso in ruolo con decorrenza giuridica ed economica pregressa. Il giudice ovviamente fisserà la nuova decorrenza iniziale del rapporto di lavoro ai fini giuridici ed economici. La duplice distinzione è tipica dei rapporti di lavoro con l’amministrazione scolastica poiché, per ragioni pratiche, non sempre riesce ad immettere in ruolo il personale prima dell’inizio dell’anno scolastico, per cui al fine di evitare continue legittime rivendicazioni si ricorre a detta distinzione. Quindi, il magistrato nel disporre le nuove decorrenze definisce il danno risarcitorio per lucro cessante con determinazione dell’importo oggetto di condanna alla P. A. ed, eventualmente, ulteriori danni, debitamente provati dal ricorrente ai sensi dell’art. 2697 c.c., tra i quali potrebbero comparire anche quelli contemplati dalla copiosa giurisprudenza nomofilattica e di merito sviluppatasi sull’art. 2059 c.c. .
Quali i significati dei più importanti elementi del dispositivo della sentenza ?
Decorrenza giuridica : data iniziale da cui iniziano a decorrere una serie di diritti a favore del lavoratore, previsti sia dalle leggi che dai CCNL. E’ la data i effettiva spettanza all’IMMISSIONE in RUOLO.
Decorrenza Economica : termine iniziale da cui sorge il diritto/dovere allo svolgimento dell’attività lavorativa da parte del dipendente e quindi alla percezione delle retribuzioni. Trattasi del dies a quo, termine iniziale dell’efficacia, del sinallagma contrattuale, inerente il rapporto giuridico a prestazioni corrispettive che sostanzia il contratto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. . E’ la data iniziale in cui insorge la relazione etero-direzionale sostanziante la subordinazione del lavoratore rispetto al datore di lavoro con obbligo di quest’ultimo al versamento delle retribuzioni mensili a favore della controparte che, a sua volta, si obbliga a corrispondere i propri servizi lavorativi (locatio operarum) sulla base delle direttive disposte dalla parte datoriale.
Danno patrimoniale : esso quantifica il lucro cessante relativo al periodo che separa la decorrenza economica di cui sopra con la data postuma nella quale l’amministrazione ha proceduto all’effettiva immissione in ruolo del dipendente. Trattasi di danno risarcitorio, consistente nelle retribuzioni non percepite nel periodo considerato, a titolo di lucro cessante. Ciò non toglie che il ricorrente potrebbe efficacemente offrire la rigorosa prova anche di danni emergenti. Atteso, il carattere “corrispettivo” del contratto di lavoro, indi il suo necessario “dispiegarsi nel tempo” , questa particolare causale di danno, che a seconda dei casi potrebbe essere considerata scaturente da responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c , oppure extracontrattuale ex art. 2043 c.c., deve essere provata dall’attore, secondo i diversi canoni di prova previsti dalla giurisprudenza nomofilattica per i due richiamati regimi di responsabilità. Sarà compito del MIUR contrastare efficacemente tale prove in sede processuale.
Danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c. : copiosa giurisprudenza degli ultimi 20 anni si è occupata della triplice distinzione dei danni che per loro intrinseca natura non sono misurabili con gli ordinari criteri economici, in quanto non incidono sulla sfera patrimoniale, e conseguentemente neppure su quella retributiva, del soggetto leso. Trattasi del danno biologico, morale ed esistenziale.
Il danno biologico consiste nelle conseguenze psico-fisiche subite dal danneggiato.
Il danno morale è ricollegabile alla intima, profonda, continua sofferenza morale che l’attore lamenta aver subito.
Il danno esistenziale è dato dai cambiamenti in peius della vita, quindi dell’esistenza, che il danneggiato subisce, giorno per giorno, a causa dell’illegittimo comportamento di parte datoriale
In effetti, il lavoratore illegittimamente non immesso in ruolo, potrebbe lamentare danni non patrimoniali, economicamente valutabili secondo i parametri di cui all’art. 1226 c.c., comunque facilmente contrastabili da parte pubblica.
Senza voler eccessivamente annoiare chi legge questa breve analisi, si ritiene opportuno fare una precisazione sul collegamento tra il concetto di decorrenza economica e quello di danno patrimoniale, in quanto foriero di non poche problematiche applicative.
Si è detto che il giudice determina il RISARCIMENTO DEL DANNO PATRIMONIALE, nei limiti delle RETRIBUZIONI NON PERCEPITE NEL PERIODO CONSIDERATO, al netto dell’ALIUNDE PERCEPTUM e PERCEPIENDUM. Invece, la decorrenza economica è data dal TERMINE INIZIALE, dies a quo, dell’efficacia contrattuale di un rapporto giuridico a PRESTAZIONI CORRISPETTIVE, la cui esecuzione si espande nel tempo. Gli effetti di un contratto di lavoro osservato su un determinato arco temporale sostanziano due prestazioni corrispettive fondamentali : da una parte l’esecuzione dell’obbligazione retributiva a carico del datore di lavoro e dall’altra l’obbligazione, consistente nell’esecuzione delle opere lavorative, a carico del lavoratore. Quale disfunzione sinallagmatica si verifica nel caso di immissione in ruolo successiva alla data di spettanza ex lege ? L’Inesistenza, de facto, delle reciproche prestazioni corrispettive per il periodo oggetto di osservazione. Come l’Autorità regolatrice compone il contrasto ? Con il riconoscimento, a favore del lavoratore, del danno risarcitorio, quali retribuzioni non percepite dal dies a quo (decorrenza economica) alla data postuma di immissione in ruolo da parte MIUR, al netto del percepito o agevolmente percepibile. La mancata prestazione lavorativa è spiegata con la circostanza, in base alla quale, il lavoratore, avendo posto a disposizione, le proprie energie lavorative, a favore di parte datoriale, non le ha potute effettivamente dispiegare per causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.) o per comportamento illecito del datore di lavoro (art. 2043 c.c.). Come si accennava, la responsabilità della P. A., sia essa di natura contrattuale che di natura aquiliana, non varia l’ordine di problemi che qui ci interessano, ma solo il regime del riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. .
Come può agevolmente dedursi dal cennato collegamento, il giudice con la determinazione del danno risarcitorio “copre” dal punto di vista retributivo il periodo oggetto della causa, così facendo corrispondere inequivocabilmente il concetto di decorrenza economica con il significato di termine inziale del ricomposto sinallagma contrattuale. E’ d’obbligo concludere che la detta ricomposizione avrà effetti anche ai fini della determinazione della base pensionabile del lavoratore, qualora la normativa, in subiecta materia, faccia esclusivo riferimento alle retribuzioni maturate in attività lavorativa. Se invece, la normativa dovesse fare esclusivo riferimento al servizio svolto, il periodo di servizio è riconosciuto per l’importo totale delle retribuzioni spettanti da CCNL applicabile ratione temporis, indipendentemente dall’importo del danno risarcibile fissato dal giudice. Sul punto, va ricordato che il rapporto di lavoro è di tipo complesso, nel senso che a seguito dello stesso insorgono altri due rapporti giuridici : l’uno di tipo contributivo tra il datore di lavoro e gli Enti previdenziali e l’altro di tipo “assistenziale e previdenziale” tra i suddetti Enti ed il lavoratore. Con il rapporto contributivo, il D.L. è obbligato ex lege (e non ex contractu) al versamento dei contributi agli Enti, sostanziando la c. d. obbligazione contributiva. Invece, il rapporto “previdenziale – assistenziale” implica ex lege una serie di obblighi degli Enti previdenziali, quindi dell’INPS, a favore del lavoratore al ricorrere di determinati eventi, quali la malattia, il collocamento in quiescenza, ecc. . In definitiva, in questa sede, ai fini della determinazione della base contributiva pensionabile, devesi far rinvio ad altra specifica sede, attesa la particolare complessità della materia pensionistica, peraltro non di competenza del controllo diretto delle RTS.
E dulcis in fundo, veniamo al trattamento tributario del danno risarcitorio e di eventuali altri danni liquidati in sentenza.
E’ stato più volte detto che il danno patrimoniale è dato dalle retribuzioni non percepite nel periodo oggetto della causa, quindi ai sensi dell’art. 6, comma 2, del Tuir, va assoggettato alla tassazione prevista per i redditi di lavoro dipendente, proprio in funzione del suo significato sostitutorio degli stessi. Inoltre, trattandosi di redditi riferiti ad anni precedenti, va subito detto che, ai sensi degli artt. 17 e segg . del DPR n. 917/1986, trova applicazione la c.d. tassazione separata. Cosa dire per eventuali danni non patrimoniali ? La questione è alquanto dibattuta, poiché il comma 2, lett. b), dell’art. 49/TUIR dispone che sono considerati redditi di lavoro dipendente TUTTE LE SOMME di cui all’art. 429 c.p.c. , per cui la norma viene interpretata come comprensiva di ogni e qualsiasi somma attribuita dal giudice al lavoratore illegittimamente licenziato o non assunto entro i termini di legge. A ben vedere, a mio modesto avviso, già l’art. 429 del codice di rito sembra riguardare solo i “crediti da lavoro” e la diminuzione del loro valore a causa della svalutazione monetaria, non anche eventuali danni non patrimoniali. Peraltro, giammai potrebbe essere assoggettata a tassazione una somma integratoria di un bene, sia pure immateriale, prima posseduto e poi non più. E evidente il danno non patrimoniale, liquidato dal giudice ai sensi dell’art. 1226 c.c. secondo equità, non può costituire reddito tassabile, perché non stiamo parlando di nuova ricchezza comunque prodotta, ma di “equa sostituzione” di un bene psico-fisico, morale o esistenziale, prima posseduto e poi “distrutto” dall’illegittimo comportamento datoriale. Siamo quindi fuori dai concetti di manifestazioni di ricchezza o di nuova ricchezza prodotta, quindi di redditi tassabili, comunque posseduti ex art. 1/Tuir . La somma attribuita dal giudice, ai sensi del citato 2059 c.c., in via equitativa ex art. 1226 c.c., a titolo di danno non patrimoniale, sia essa scaturente da una responsabilità contrattuale oppure aquiliana, ha lo scopo di ricomporre, o meglio di restituire, ciò che il soggetto leso ha perso, una eventuale tassazione ne ridurrebbe surrettiziamente ed illegittimamente l’importo equitativo fissato dal magistrato, con valore di regola tra le parti processuali.
La presente bozza di “work in progress” viene trasmessa ai Colleghi della Ragioneria dello Stato in formato Word, affinché possano apportare direttamente sul file le gradite correzioni ed integrazioni, precisando l’inopportunità di considerazioni e comunicazioni “verba volant”.
Nel ringraziare il Sig. Dirigente della RTS di Caserta, Dott.ssa Maria Castaldi, il Capo Servizio III, Dott. Pompeo De Chiara, i Funzionari addetti alle ricostruzioni di carriera, Dottori Santoro, Genovese e Borrasso, I Capi Ufficio Serv. VI, Funzionari Mastrangeli e Taffuri, per le sollecitazioni e i confronti che mi hanno offerto in subiecta materia, vi invito a lasciare la vostra opinione o il vostro contributo nei commenti.