EE. LL. . PARERE RESO DALLA C.C. NAPOLI A SEGUITO RICHIESTA COMMISSARIO PREFETTIZIO CASERTA
Spesso ci troviamo di fronte a problematiche concernenti il riconoscimento di debiti fuori bilancio.
In particolare a noi interessa il riconoscimento di debiti da parte delle Amministrazioni Statali.
L’allegato parere, espresso dalla Procura Regionale della Corte dei Conti della Campania, concernente il Comune di Caserta, risulta molto interessante al fine di un più ampio inquadramento della materia, per cui ve ne consiglio la lettura.
Il riconoscimento del debito fuori bilancio rappresenta un modo eccezionale di riportare l’uscita finanziaria (non preventivata e senza originaria copertura) nel suo alveo naturale : le scritture contabili dell’ente pubblico, quindi nel suo bilancio.
Trattasi di principi applicabili anche nei casi delle sentenze esecutive di cui all’art. 194, comma 1, lett. a) TUEL.
E’ evidente che in mancanza dell’originaria prenotazione, o meglio, impegno formale della spesa, con l’indicazione della relativa copertura finanziaria, la sopravvenuta situazione giuridica passiva a carico dell’ente, per essere estinta, deve essere fatta confluire nel suo patrimonio attraverso gli ordinari canali di gestione delle spese.
Atteso il carattere eccezionale delle suddette uscite finanziarie, gli organi di gestione devono prestare massima attenzione assumendo una specifica DELIBERA di riconoscimento del debito per poi trasmetterla alla Procura Regionale della Corte dei Conti ai sensi dell’art. 23, comma 5, L. n. 289/2002, al fine dell’accertamento di eventuali danni erariali.
E’ da notare come la Corte dei Conti, con il parere n. 236/2015, metta in evidenza che l’operazione di estinzione dei debiti fuori bilancio non rimane affatto estranea all’applicazione dell’art. 14 del decreto legge n. 669/1996, conv. dalla legge n. 30/1997, il quale concede solo uno spatium deliberandi di 120 giorni, alle amministrazioni pubbliche, per eseguire i pagamenti.
Cioè, dalla data della notifica dei titoli esecutivi, ad es. sentenze di condanna nei confronti delle pubbliche amministrazioni al pagamento di somme di danaro, devono trascorrere almeno 120 giorni, termine entro il quale non sono esperibili efficaci azioni esecutive del creditore che, pertanto, ove assunte ante tempus, sarebbero tamquam non esset.
Ma attenzione : oltre tale termine, il comportamento “dilatorio” della P. A. potrebbe essere foriero di ulteriori danni erariali !!
Tali indicazioni, statuite nel comma 1 del citato art.14, i cui destinatari sono le AMMINISTRAZIONI DELLO STATO e gli enti pubblici non economici, appaiono, secondo la Corte contabile partenopea, pacificamente applicabili anche agli Enti Locali (Comuni e Province) quindi anche nei confronti degli gli enti pubblici territoriali.
Ma se tale interpretazione vale per il comma 1 del citato art. 14, lo stesso non può dirsi per il successivo comma 2, istitutivo dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso.
Infatti, a parte l’estraneità della speciale e residuale procedura di pagamento in conto sospeso per gli Enti Locali, questi, per il pagamento dei debiti fuori bilancio dovranno necessariamente seguire le procedure descritte dall’art. 194 del TUEL.
In sostanza, non potranno procedere al pagamento prima della delibera consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio.
L’ente locale, quindi, deve mettere a frutto il periodo di 120 giorni di cui al comma 1 dell’art. 14, senza poter anticipare alcun pagamento rispetto alla delibera consiliare che, nei casi dei comuni disciolti dai competenti Organi del Ministero dell’interno, è assunta dall’Organo monocratico, sostitutivo anche del Consiglio comunale, cioè dal Commissario prefettizio.
Questa, in sintesi, la conclusione del Giudice contabile partenopeo.
Prima di concludere si ritiene opportuno far presente che la problematica di riconoscimento del debito riguarda anche i casi di riconoscimento dell’indebito arricchimento da corrispondere a terzi da parte delle pubbliche amministrazioni, le quali, al pari dei soggetti privati, sono sottoposte agli accertamenti giudiziali dell’A.G.O. (veggasi sent. Cassaz. SS UU n. 10798/2015) secondo il paradigma delineato dagli artt. 2041 e 2042 del codice civile, integrato, per gli EE LL. dallla “lex specialis”, a mio modesto parere data dal combinato disposto di cui agli artt. 191 e 194, comma 1, lett. e) TUEL.
Nei casi in cui una P.A. ottenga un arricchimento senza causa, previa apposita delibera di riconoscimento dell’indebito e contestuale indicazione della copertura finanziaria, dovrà corrispondere al danneggiato l’entità del danno, quantificato nella sola causale del danno emergente, con esclusione del lucro cessante, e sempre nei limiti della effettiva loclupetazione conseguita dalla P. A. .
Infatti, se, oltre al danno emergente, venisse riconosciuto anche il lucro cessante, si ricadrebbe nella fattispecie di cui all’art. 2043 cc. (responsabilità extracontrattuale) . Sul punto veggasi la Sent. Cassaz. SS. UU n. 23385/2008. Unica eccezione al disconoscimento del “lucro cessante”, ai fini dell’applicazione dell’istituto dell’indebito arricchimento, concepito dal legislatore del 1942 in modo ben distinto dall’istituto dell’illecito aquiliano (art. 2043 cc) è data dalle prestazioni tipiche dei rapporti di lavoro subordinato, di fatto espletate ex art. 2126 c.c. che, in taluni casi, possono verificarsi anche nella P.A., e particolarmente nell’amministrazione scolastica.
Attesa la complessità della subjecta materia e della sua portata applicativa, sia nelle articolazioni periferiche delle amministrazioni centrali dello Stato, che negli Enti Locali, mi riprometto di approfondire meglio l’istituto dell’indebito arricchimento, a seguito delle Vostre gradite sollecitazioni.