
In tema di impugnazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria, nonostante l’elencazione di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 abbia natura tassativa, i principi costituzionali di buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 97 della Costituzione) e di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 della Costituzione) impongono di riconoscere l’impugnabilità di tutti gli atti adottati dall’Ente Impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche. Ne consegue che anche l’avviso bonario di cui al quarto comma dell’art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, così come accade anche per la comunicazione di irregolarità ex art. 36-bis, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973, è atto immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario.
Tuttavia, la possibilità dell’impugnabilità dell’avviso bonario inviato dall’Agenzia delle Entrate fa sorgere un dubbio: si potrebbe concludere che la sua mancata impugnazione rende definitiva la pretesa, quindi non più impugnabile la successiva cartella di pagamento, quale atto di pura riscossione?
Io ritengo che la mancata impugnazione di un avviso bonario (impugnabile) non precluda l’impugnazione del successivo atto (cartella di pagamento, ecc..), in quanto è quest’ultimo l’atto che rientra tra quelli considerati impugnabili dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
La questione può, quindi, concludersi nel dire che l’impugnabilità dell’avviso bonario è un “plus” di tutela riconoscibile al contribuente che, diligentemente, voglia anticipare l’azione giudiziaria a vedersi annullare una pretesa in tesi illegittima.