
CORTE DI CASSAZIONE N. 15258 DEL 21/07/2015
In tema di notificazione degli atti di accertamento tributario, la facoltà del contribuente di “eleggere domicilio” presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale (D.P.R. 600/1973, art. 60, comma 1, lett. “d”) si differenzia dalla semplice “dichiarazione di domicilio”, consistente nell’indicazione di un luogo, compreso nel comune d’iscrizione anagrafica (art. 58, comma 2, D.P.R. cit.), in cui è possibile eseguire le notifiche.
L’indicazione della residenza anagrafica contenuta nelle dichiarazioni dei redditi ha valore di una “dichiarazione di domicilio”, vale a dire l’indicazione di un luogo compreso nel comune d’iscrizione anagrafica in cui è possibile eseguire le notifiche e non quello di una vera e propria “elezione di domicilio”, vale a dire la nomina di un domiciliatario.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15258 del 21/07/2015 è intervenuta sulla questione della notifica presso il domicilio del contribuente, affermando la validità della notifica dell’atto di accertamento effettuata presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi, ancorché lo stesso sia diverso dalla residenza.
In particolare, con la citata sentenza viene affermato che il disposto del terzo comma dell’art. 60 del DPR n. 600/73 (alla cui stregua le variazioni e modificazioni di indirizzo risultanti dai registri anagrafici hanno effetto ai fini delle notifiche degli atti dell’Amministrazione finanziaria soltanto dal trentesimo giorno successivo alla variazione anagrafica) non autorizza la conclusione che, dovendo in ogni caso l’Ufficio, prima di notificare un atto al contribuente, controllare, mediante una verifica sui registri anagrafici, l’attualità dell’indicazione della residenza contenuta nella dichiarazione dei redditi, detta indicazione sia priva di effetti ai fini della notifica degli atti dell’Amministrazione finanziaria.
Tale interpretazione renderebbe del tutto priva di scopo l’indicazione della residenza nella dichiarazione dei redditi, prescritta nel quarto comma dell’articolo 58 D.P.R. n. 600/73 e contrasterebbe con il consolidato indirizzo della Corte secondo cui l’indicazione nella dichiarazione dei redditi, della propria residenza (o di un proprio domicilio in un indirizzo diverso da quello della residenza, ma nell’ambito del medesimo comune ove il contribuente è fiscalmente domiciliato) va effettuata in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario.
Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte di Cassazione con la citata sentenza afferma e conclude che altro è il caso di un cambio di residenza e altro è il caso di una originaria difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi. In quest’ultimo caso, infatti, la notificazione che si sia perfezionata presso l’indirizzo indicato nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata deve considerarsi valida, nonostante tale indicazione sia difforme (non importa se per errore o per malizia) rispetto alle risultanze anagrafiche.